Grave lutto per l’Italia

Palermo: il grave lutto, morto il presidente del maxiprocesso

Alfonso Giordano, maxipresidente nella Palermo degli anni Ottanta, fu l’unico magistrato ad accettare di dirigere la corte d’assise del primo grande processo alla mafia.

Alfonso Giordano fu l’unico a non tirarsi indietro, a differenza di molto altri suoi colleghi.

Quel giudice dall’aria pacata, sempre determinato, è diventato un simbolo della lotta alla mafia.

Suo figlio Stefano ha scritto sui social network:

Oggi alle 13.30, il presidente Alfonso Giordano è tornato serenamente alla casa del padre  le esequie si svolgeranno in forma strettamente privata. Ne danno notizia i figli, uniti nel dolore e nella speranza della resurrezione”.

Aveva 92 anni Alfonso Giordano, e ancora tanta voglia di dare il suo contributo alla lotta alla mafia. Ai più giovani ricordava i giorni difficili del maxiprocesso con un’espressione semplice: “Ho fatto solo il mio dovere”. Era così il presidente Giordano. Non amava la ribalta e i riflettori dell’antimafia. “Io ho rappresentato lo Stato nel processo più duro contro Cosa nostra – aveva detto in una recente intervista al Riformista – Il nostro compito era quello di non fare sconti a nessuno, e non ne abbiamo fatti. Diciannove ergastoli, poi confermati in appello e in Cassazione significano che lo Stato con la mafia ci andava giù duro”.  

Dobbiamo stare attenti

Di quei giorni ricordava soprattutto l’atmosfera pesante attorno ai giudici della corte, e le parole sibilline di Michele Greco, il “Papa” della mafia, che aveva chiesto di parlare prima dell’inizio della camera di consiglio: “Io vi auguro la Pace”. Il presidente Giordano non si scompose e lasciò scivolare quella minaccia neanche tanto velata.

Nell’ultima intervista al Riformista, Alfonso Giordano ripercorreva i capisaldi della lotta alla mafia. E lanciava un appello ai magistrati più giovani:

“Sui collaboratori di giustizia dobbiamo stare molto attenti. I depistaggi esistono sempre. Chiedo ai colleghi di mettere il massimo dell’attenzione sull’attendibilità di chi collabora, perché le finalità della collaborazione sono spesso diverse da quelle che noi immaginiamo”.

L’importante messaggio del giudice che non si era tirato indietro. La mafia è un fenomeno complesso che va compreso”. 


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